L’ultima domenica di Carnevale e il martedì successivo si corre ad Oristano la Sartiglia, uno spettacolo secolare ricco di elementi storici e civili. Le due giornate sono organizzate, separatamente, dal gremio dei contadini e dal gremio dei falegnami. Tale tradizione rievoca la prova di abilità che l’associazione di mestiere (il gremio) esigeva dal neofita ed è anche l’espressione ultima di un rito agrario dal quale si traggono auspici per l’annata. Nella Sartiglia i cavalieri tentano, in una corsa sfrenata, di centrare la stella con la spada o con su stoccu. Per tale motivo la manifestazione carnevalesca è conosciuta anche col nome di “Corsa alla stella”. Questa singolare gara ha da sempre costituito un momento di richiamo per gli abitanti dell’ Oristanese, dell’intera Sardegna e per non pochi turisti, anche stranieri.
Ad organizzare la Sartiglia, come dicevamo, sono i Gremi, le antiche corporazioni dei contadini e dei falegnami. I primi, sotto la protezione di San Giovanni, disputano la corsa domenica; mentre i falegnami, sotto la protezione di San Giuseppe, disputano la gara il martedì seguente. Il fatto che la Sartiglia venga ancor oggi organizzata dai gremi si spiega – secondo Francesco Alziator – con la circostanza che queste associazioni di categoria (nelle quali la prova iniziatica di mestiere costituiva un vero e proprio rito di passaggio) richiedevano una prova di bravura equestre, anche se declassata a gioco, quale probabile integrazione del rito del passaggio gremiale da apprendista a maestro. Questa prova, per i gremi oristanesi, storicamente, fu la Corsa alla stella.
I preparativi della sfilata in costume e della corsa durano molti mesi. Infatti, sin dai giorni precedenti le festività natalizie, i gremi si riuniscono per discutere sul programma e sulla scelta del rispettivo componidori: il capo della corsa. L’avvio dei riti carnevaleschi rappresenta, ogni anno, l’occasione per rievocare le edizioni passate della Sartiglia: episodi veri, leggendarie contese tra cavalieri, cadute drammatiche e mille altre acrobazie (forse mai esistite) galoppano nella fantasia degli oristanesi che preparano nei minimi particolari la Sartiglia. Intorno alla corsa si sviluppa un singolare e pittoresco cerimoniale incentrato su un personaggio, su componidori. E’ la maschera più bella della Sartiglia: un volto pallido, non ancora primaverile, e due occhi impenetrabili che fissano un’ immagine lontana. Questa maschera di cera porta con sé un alone misterioso tra il fiabesco e il grottesco. La sua espressione, secondo la tradizione, avrebbe il magico potere di allontanare gli spiriti maligni dalle messi.
Su compondori viene investito dell’ incarico il 2 febbraio, durante la cerimonia della consegna del cero benedetto, la tradizionale Candelora. La consegna avviene ad opera del presidente del rispettivo gremio (su majorali) con le rituali frasi augurali di “Santu Giuanni t’ aggiudidi” (pronunziata da presidente della corporazione dei contadini) e di “Santu Giuseppi t’assistada” (pronunziata dal majorali del gremio dei falegnami). Il rito della consegna viene onorato, secondo la più genuina tradizione oristanese, con la migliore vernaccia e i più saporiti amaretti. Intanto in tutta la città fervono i preparativi: i cavalieri effettuano gli allenamenti, si allestiscono gli ornamenti per i cavalli, si scelgono gli abiti e le maschere per i cavalieri. Nei giorni precedenti la giostra si sistema il palco, mentre il tragitto della corsa viene accuratamente transennato e cosparso di sabbia per evitare possibili guai alle zampe dei cavalli.
Il primo atto vero e proprio della cerimonia consiste nella vestizione del capo della corsa, su componidori. Tale rituale dovrebbe svolgersi (ma non sempre si segue questo copione) nell’ abitazione del presidente del gremio. Come vuole la tradizione le operazioni in questione vengono compiute su un tavolo basso da alcune ragazze vestite in costume sardo, chiamate massaieddas, guidate da una anziana donna (sa massaia manna). La caratteristica del costume della Sartiglia è data dalla maschera di cera, dal velo di pizzo e dal cilindro che ricopre il capo de su componidori. La vestizione si inizia con la camicia di lino bianco. Poi si continua coi calzoni, la giacca di pelle e i tradizionali fiocchi rossi o azzurri che vengono sistemati intorno alle braccia. Quindi viene posata sul viso la maschera di cera e il capo viene ricoperto con un finissimo velo di pizzo e col cilindro. Con una gardenia appuntata sul petto del componidori la cerimonia di vestizione si conclude. Da questo momento su componidori è una divinità e non potrà più poggiare i piedi per terra sino al termine della corsa. Il suo cavallo, riccamente bardato, viene condotto dentro la casa e avvicinato al palchetto della vestizione onde consentire a su componidori di balzare in sella senza toccare il suolo.
A questo punto al capo della corsa viene consegnata sa “Pippia de maiu”, una composizione formata da due mazzi di viole mammole tenuti da nastri verdi, con la quale benedice la folla che si accalca nella tortuosa pista che solca l’antico centro oristanese per disperdersi nella profondità dello scenario, in un sipario naturale che degrada dolcemente verso il mare di Tharros.
È l’ inizio della Sartiglia.
Intanto su bandidori ha già annunciato in tutte le contrade della città la sfida equestre: “Si dà il bando: o amato popolo di Oristano, sia noto a tutti che noi (segue il nome del sindaco), per grazia di Dio magistrato di Oristano, conte del Goceano e visconte di Basso, volendo provvedere al necessario e nobile divertimento di tutti i nostri fedeli sudditi e di tutte le curatorie della Sardegna, abbiamo deciso di fare secondo l’antica costumanza e perciò ordiniamo che si faccia grande giostra, ovvero Sartiglia”. Lo squillo delle trombe e il rullare dei tamburi richiamano la folla.
Il corteo dei cavalieri, accompagnato dai tamburi e dai trombettieri in costumi spagnoli si reca nella piazza del duomo dove ha inizio nel primissimo pomeriggio (intorno alle ore 15) il tradizionale torneo equestre. Qui decine di cavalieri, lanciati in una sfrenata corsa, cercano di infilare la spada nel foro di una stella argentea appesa ad un nastro verde sistemato in alto a mezza strada. La cavalcata e, soprattutto, il momento della stoccata vengono seguiti dalla folla in perfetto silenzio. Ogni passaggio, preceduto dal furibondo rullare dei tamburi e dallo squillare delle trombe, è seguito da grida di gioia se il cavaliere centra la stella. Dal numero delle stelle infilzate dipende, secondo l’antica tradizione (di edizioni ne sono state celebrate oltre 500), la buona annata dei contadini e il sicuro lavoro degli artigiani: più stelle centrate indicheranno quindi una maggiore sicurezza e tranquillità economica per gli oristanesi.
Quale l’origine della Sartiglia? La tradizione è nota a tutti. Intorno alla meta del XVI secolo un canonico avrebbe donato al gremio dei contadini le rendite di una proprietà terriera come ricompensa per l’ organizzazione della giostra equestre. Secondo Alziator, infatti, il prelato – preoccupato per le cruente giostre equestri che si svolgevano nella cinquecentesca Oristano – aveva lasciato in eredità al gremio di San Giovanni le sue proprietà a condizione che si ponesse fine all’ inutile spargimento di sangue. I cavalieri, insomma, si sarebbero dovuti cimentare in giostre di abilità come la Corsa alla stella. Col passare degli anni, al gremio di San Giovanni si affiancò il gremio di San Giuseppe (la Corporazione dei falegnami). Da allora la tradizione continua con l’antico fascino di una volta richiamando un numero sempre maggiore di turisti e visitatori.
©Fotografia di Sacha Stein
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