Se la canta e se la suonaî, Ma chi crede di essere…Ma chissenefrega dei suoi ricordi, della sua vita? Già li sento i commenti dei miei comunque cari concittadini, magari parenti e amici, molto probabilmente tra coloro che avranno avuto la curiosità di leggere, anche se frettolosamente, qualche pagina di questo che non è solo il racconto della mia vita da cronista.
Certo. O fro‘ è autobiografia, soprattutto professionale. Che necessita intanto di una spiegazione sulla sua genesi, al netto di un po’ di vanagloria che sicuramente alberga anche nel sottoscritto. Dopo Quelli di Marabotto, l’editore Giorgio Ariu aveva pensato a una seconda edizione, rivista alla luce di alcune critiche sostanziali da me ricevute e parzialmente condivise, e quindi corretta per eliminare anche qualche sbavatura. Ma poi nella mia mente si è pian piano fatto strada il ricordo meno goliardico e un po’ più serio oltre che -mi auguro- stimolante, di fatti importanti per me ma credo anche per Cagliari e la Sardegna. Sono infatti consapevole di aver avuto il privilegio di vivere in prima persona alcune realtà significative della nostra amata città: mi riferisco in particolare a Tuttoquotidiano, Videolina e Raitre. Anzi. Posso dire di essere stato, per caso e con grande fortuna, líunico giornalista a tenere a battesimo, in pratica, tutte e tre quelle grandi avventure, a viverne cioè tutti gli inizi.
E’ così insomma che ho radicalmente rimesso mano a Marabotto: ne è venuto fuori un racconto della mia vita, un coacervo di ricordi idealmente suddiviso in tre parti. La prima tratta delle mie origini (anche di quelle lontanissime), della mia giovinezza e soprattutto di una meravigliosa e indimenticabile città, la particolarissima Cagliari degli anni 70. La seconda specificamente della storia di Tuttoquotidiano, Videolina e Raitre. E l’ultima delle mie esperienze professionali legate a Radiouno e allo sport, in giro per il mondo. Ricordi che ovviamente non hanno alcuna velleità storica ma nei quali spero qualcuno possa comunque ritrovarsi e rinfrescare con un sorriso, luoghi, fatti, personaggi e situazioni che aveva dimenticato o che semplicemente non conosceva, per esempio proprio la storia di quelle importanti novità editoriali.
Tutte, in quegli incredibili e tumultuosi anni 70 -gli Anni di Piombo, che solo sfiorarono la Sardegna- almeno per me addolcite dalla vicenda lontanissima di una fabbrica di cioccolato e dal ricordo diretto di un bar molto particolare, Marabotto appunto, vera Università della vita, e anche, se preferite, di uno stile di vita da vitelloni certo affascinante e divertente.
Insomma. Ho la presuntuosa convinzione che almeno quelle storie possano interessare qualcuno. Per il resto grazie di cuore a chi avrà la voglia di andare sino in fondo nella lettura, concedendomi magari un po’ di indulgenza, anche se non plenaria, per gli eccessi di personalismo e autocelebrazione in un racconto che è certamente nostalgico. D’altra parte la nostalgia è un rifugio, un vero conforto per chi -prevalentemente per ragioni anagrafiche- non puà più avere troppi sogni e progetti per il futuro. E’ una piacevole compagnia, anche se a volte struggente e causa di qualche lacrima. (a.c.)