Maria Giovanna Cherchi: “la magia delle tavolate dopo concerto”

Da più di 20 anni ho il piacere e l’onore di animare con la mia voce le feste dei sardi, sacre e  profane le nostre manifestazioni  musicali si fanno espressione di cultura e tradizioni popolari. In questi incontri regna il desiderio di sentirsi popolo e condividere momenti  identitari gioiosi. Coloro che mi scelgono e mi contattano  per animare i festeggiamenti hanno nel cuore  sentimenti di fede e sono animati da quel desiderio di onorare la terra e i suoi grandi valori, tramandati da generazioni.

Tra questi spicca il senso di ospitalità, vissuto come un dovere imprescindibile. Ancora oggi, come avveniva secoli fa, nei sagrati dei nostri santuari e nelle piazze decorate da bandierine colorare, c’è sempre un tavolo imbandito e un bicchiere di vino! Per tutti!

Tra i privilegiati di questi gesti di vicinanza, noi, gli artisti, io! Arrivo nel tardo pomeriggio per le prove, quando sul palcoscenico è già pronta la strumentazione, e dopo il benvenuto, inizio ad assaporare nell’aria il profumo dei biscotti preparati per il caffè, tra le braccia delle signore del comitato, si sente tra i sorrisi il rumore di infinte stoviglie per bancate lunghissime di ospiti benvenuti!

Le mani laboriose degli organizzatori, comitati, obrieri, prioresse, leve… hanno da presto pensato di farti sentire a casa e la cucina della festa ha i colori della tua musica e il profumo dei primi salumi che circolano nei vassoi. Il loro colore rosato somiglia alle guance dei bambini accaldati che rincorrono i palloncini e vengono a salutarmi.

Nelle grandi pentole, l’amore per la Sardegna ribolle con le patate e la cipolle della pecora in cappotto donata dai pastori in onore del Santo.  Nel brodo di carne saltano i gnocchetti  in un abbraccio perfetto, dal sapore tenace come il cuore di chi da mesi lavora per regalare alla comunità una serata speciale.  Le braccia forti dei cuochi ingaggiati per l’occasione, mescolano agnello in umido e spezzatino di vitello. Le note del ballo sardo che arrivano dalla piazza, sanno di buon formaggio, di arrosti seguiti con attenzione allo spiedo da ore, di verdura fresca colta la mattina nelle campagne.

La musica della fresa spezzata sul tavolo sembra sfidare i musicisti affamati, il pane decorato e benedetto è il re dalla tavola preparato e coccolato da mani esperte come quelle di un pianista sui tasti e il concerto è già cominciato , sapori primordiali e contemporanei  delle incontaminate materie prime si esaltano tra cannonau e vermentino.

 Dall’inizio del tavolo partono come in uno straordinario assolo i cesti intrecciati dei dolci, gatto’ gueffus, casadinas, pabassinos, muzzazzolos, aranzada ….gioielli di casa preparati nelle sere tra chiacchere e pettegolezzi, premio, vanto che strappano l’applauso di tutti i commensali. E’ ora di preparasi, il caffè bevuto di corsa e il vov  giallo oro sono la carica, un giro nella giostra della festa. E’ ora di cantare,  è ora di restituire bonta’, abbondanza, le mani abbandonano la cucina per dare vita al ballo sardo.

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