A tavola con i nostri antenati_di Valentina Caruso

Di fronte a una gustosa pizza, a un bel piatto di spaghetti al pomodoro e a un buon bicchiere di vino, vi è mai capitato di chiedervi quali fossero le pietanze e le bevande preparate e consumate

Ebbene, se ci catapultiamo indietro di millenni nell’epoca preistorica, dobbiamo subito pensare a un’era in cui l’uomo visse prevalentemente in condizioni durissime: egli infatti non sapeva né scaldarsi, né coprirsi ed era sottoposto a ogni genere di pericolo. La sua alimentazione si basava prevalentemente su raccolta, caccia e pesca, mangiando direttamente ciò che trovava a disposizione: semi, bacche, radici, frutti. Ed era nei ripari e nelle caverne naturali che l’uomo primitivo nascondeva il suo tesoro di bacche e radici.

Quando l’uomo imparò a scheggiare le pietre, potè fabbricarsi i primi utensili e le prime armi per poter cacciare gli animali, da principio piccoli: marmotte, ghiri, serpenti, uccelli, topi, tartarughe; poi più grandi: cervi, daini, camosci. Nella preistoria la fonte più grande di riserva di cibo e non solo era rappresentata dal mammut, enorme animale che poteva pesare fino a otto tonnellate. I cacciatori lo macellavano direttamente nel luogo in cui moriva e poi si dividevano la sua carne, le ossa, le zanne, i tendini, da cui si ricavavano solidi lacci, il grasso e la pelliccia. L’invenzione più grande nell’epoca preistorica fu rappresentata oltre che dalla scheggiatura della pietra, dalla scoperta del fuoco: finalmente l’uomo poteva scaldarsi, illuminare la caverna e cuocere il cibo. Per conservare la cacciagione, in genere si svuotava l’animale degli intestini che venivano sostituiti da pietre, poi venivano immersi nelle acque gelide di un torrente che li avrebbe mantenuti commestibili per molti mesi. I pesci venivano conservati affumicati.

Ma è nel corso del Neolitico, precisamente tra i 10 mila e i 6 mila anni a.C., che si scatenò una vera rivoluzione: la nascita dell’agricoltura e l’addomesticamento degli animali. L’uomo

cominciò a lavorare la terra per produrre egli stesso i prodotti necessari al suo sostentamento. Con l’agricoltura, l’uomo divenne sedentario e iniziò a vivere in insediamenti stabili da lui fabbricati, non più nelle caverne. La prima conseguenza lu il rapido aumento della popolazione: la terra coltivata consentiva di sfamare un numero molto più elevato di persone. Coloro che si occupavano della raccolta, da principio di frutti e radici spontanei e successivamente di orzo e grano coltivati, erano le donne: la conservazione di derrate costituiva la riserva alimentare per tutto l’anno e al momento opportuno il grano e l’orzo raccolti venivano pestati con macine e pestelli allo scopo di ridurli in farina e inline cuocerli.

Le prime culture che segnarono il progresso erano stanziate nell’attuale area nord-africana e mediorientale; tra queste le civiltà semitiche dei Fenici e degli Ebrei. Presso queste popolazioni, il cibo, era consacrato da una preghiera prima e dopo il pasto. Quest’ultimo era molto povero: alla base vi era il pane, accompagnato da fave e lenticchie, pesce e frutta abbondante. La carne era considerata un alimento di lusso, per cui se ne consumava pochissima e veniva cucinata dopo essere stala totalmente dissanguata, in quanto si riteneva che nel sangue dell’animale vi fosse l’anima che pertanto non doveva essere ingerita. Tra le norme valide tuttora per gli ebrei praticanti, vi era la proibizione di consumare carne di maiale, probabilmente derivata da norme igieniche, in quanto i suini, nei paesi caldi, erano portatori di gravi malattie. Ma fu nelle epoche successive che il ruolo del banchetto divenne centrale nella società aristocratica: momento di aggregazione e di affermazione del proprio status. Avete presente la celebre frase del poeta Alceo (VII-VI secolo a.C.), poi ripresa in epoca latina dal poeta Orazio (I secolo a.C.), “nun bubendum est”-“Ora si deve bere”? Essa fu espressa proprio durante il brindisi all’interno di un simposio, in seguito alla morte del tanto odiato tiranno Mirsilo, grande nemico di Alceo. In Grecia il banchetto comprendeva due momenti: all’inizio si mangiava, insieme a dei cereali, la carne di un animale prima sacrificato a una divinità; poi si beveva una miscela di vino e acqua consacrata a Dioniso, dio dell’ebbrezza. Il primo era dunque un momento sacro rivolto agli dei; la seconda fase era caratterizzata dal simposio, il bere insieme, che costituisce il vero momento sociale svolto secondo precise regole fatte osservare dal simposiar- co, il capo del banchetto. Occorreva seguire un preciso ordine di libagioni da offrire agli dei, un preciso grado di miscelazione di vino e acqua nel cratere, (grosso vaso in cui si mescolava vino e acqua e da cui si attingeva con coppe per i singoli commensali), la circolazione delle coppe tra gli invitati e la possibilità di prendere parola. Gli uomini si sdraiavano su divani disposti intorno alla sala del banchetto, l’andròn, ossia la stanza degli uomini. Ogni letto aveva accanto un tavolino con piatti e coppe. Durante il simposio si svolgevano altre attività, tra le quali giochi, musica, canti, recitazione o improvvisazione di poesie. I Greci che vi partecipavano appartenevano tutti allo stesso gruppo sociale. Si poteva discutere di argomenti seri e non, quali politica, amore, guerra e amicizia.

In epoca romana occorreva fare distinzione tra i Romani della prima Repubblica che si vantavano di mangiare poco e in modo semplice e frugale e i Romani della tarda Repubblica, ma soprattutto di epoca imperiale. Il banchetto divenne un momento non soltanto di appagamento per la gola, ma anche momento di esibizione delle proprie ricchezze, i convivi divennero così lussuosi che il senato promulgò alcune leggi contro il lusso allo scopo di contenerli. Il convito si svolgeva in una sala arredata da divani ricurvi, i triclini, su cui i Romani come i Greci, mangiavano semisdraiati. Ogni commensale portava con sé uno schiavo allo scopo di essere da lui servito e spesso anche un tovagliolo per avvolgere gli avanzi di cibo da consumare il giorno dopo. Il tovagliolo non veniva quindi usato al fine di pulirsi la bocca o le mani: per questo venivano utilizzate coppe d’acqua profumata. Non esisteva il sapone e per una pulizia efficace veniva adoperato l’olio di oliva mescolato con crusca, sabbia, cenere o pomice. Non esistevano nemmeno posate e tovaglie, ma veniva impiegato un ricchissimo vasellame in oro e argento, di varie forme. Alla base delle pietanze di questi ricchi banchetti vi era il pesce, ma anche la carne era molto apprezzata, specie se di animali rari come cicogne, pavoni, pappagalli. Il condimento era costituito da olio, aceto, menta, mosto e una salsa speciale detta garum, a base di pesce macerato. Unico dolcificante noto era il miele, che veniva quindi usato in larga quantità. A questo punto sarete curiosi di sapere quali fossero le pietanze preparate dai romani, ecco qui un ricco menù romano: tra gli antipasti figuravano pesci salati e uova, mammelle di scrofa farcite, funghi bolliti in salsa di pesce, ricci di mare alle spezie con miele e olio. Tra i piatti principali trovavano posto arrosto di daino con salsa di cipolla, rabarbaro, datteri, uva secca, olio e miele; struzzi bolliti con salsa dolce; ghiri farciti con pinoli; prosciutto bollito con fichi e cotto in crosta di miele; fenicotteri bolliti ai datteri. Infine, tra i dolci, erano apprezzati fricassea di rose in crosta e datteri snocciolati farciti con pinoli fritti nel miele.

Non dobbiamo dimenticarci che la stragrande maggioranza della popolazione era costituita da persone non abbienti e che la loro alimentazione era costituita prevalentemente da pane non lievitato, adatto a essere conservato a lungo; minestre di legumi, pesce salato e raramente carne ovina e suina. Un’ultima considerazione va espressa in merito all’età medievale: tale epoca non fu tra le più felici e infatti, larghissimi strati di popolazione erano rappresentati da persone povere e talmente denutrite che la fame era spesso causa di morte. La loro alimentazione era costituita da verdure, frutta, lardo, formaggi e uova che venivano conservate sode. I ricchi invece si nutrivano in modo vario e abbondante: selvaggina (dove figurano anche gru e cigni), prodotti della pesca, specialmente di acqua dolce, in particolare le anguille e il miele. Alla base dell’alimentazione rimaneva comunque il pane. Per quanto riguarda le bevande, al primo posto nel consumo europeo troviamo la birra, il vino e il sidro, prodotto dalla fermentazione delle mele. Agli Arabi si dovette l’invenzione della distillazione dell’alcool (utilizzato per scopi medici); l’invenzione del sapone, composto da olio di oliva e carbonato di sodio (ricavato dalle ceneri di piccoli arbusti) con aggiunta di essenze profumate; l’introduzione in Europa della coltura del riso e della canna da zucchero. Caffè, cacao, pomodori e patate non erano ancora conosciuti; fu solo dopo la conquista delle Americhe, alla fine del Medioevo, che si iniziò a impiegare questi alimenti nella cucina del vecchio continente.

Ed ora non resta che invitare voi lettori a cimentarvi nella preparazione di un “pranzo antico”, augurandovi buon appetito.

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