Storie di nostalgica convivialità con il Maestro Giorgio Albertazzi_di Stefania Masala

“Ci sono due cose che un attore non deve sbagliare mai, soprattutto quando è in scena: il ristorante e l’albergo: se hai mangiato o dormito male, quando reciti si vede!”. Fu quando il Maestro cominciò a delegarmi la scelta di ristoranti e alberghi senza più informarsi, che sentii di aver conquistato la sua piena fiducia: di me artista si fidava già da molto tempo, ma su queste cose..

Giorgio mangiava pochissimo e sbagliare ristorante significava renderselo nemico almeno per qualche giorno: il suo ristorante ideale aveva cibo poco “sofisticato” e ingredienti di prim’ordine, perciò non era mai facile trovare il posto giusto dove mangiare, soprattutto dopo spettacolo. Così il 3 dicembre 2015, Giorgio alla fine della replica pomeridiana di “Memorie di Adriano” mi chiese: “Dove si mangia piccina?” e io – con la preoccupazione di fare la scelta giusta – risposi con le dita incrociate: “Beh, visto che abbiamo finito presto, che ne diresti di andare a magiare “sardo”?  “Perfetto” – rispose il mio boss scandendo le sillabe, con la sua solita aria sorniona e quel sorriso che diceva tutto: soprattutto che aveva voglia di cibo buono. 

A Roma sapevo perfettamente dove lo avrei potuto rendere contento: in quasi vent’anni di lavoro insieme credo che abbiamo “assaggiato” tutti i ristoranti importanti di Roma, le trattorie storiche e anche molti “postacci” che non consiglierei mai a nessuno, tutti prontamente segnati nella mia agendina “ristoranti” per essere preparata a esaudire ogni desiderio del mio ospite preferito. Quella sera la scelta cadde sul sicuro: l’ “Eleonora d’Arborea” di Francesco Turnu. Francesco è col tempo diventato un caro amico e ogni volta che gli preannunciavo l’arrivo del Maestro si metteva immediatamente a disposizione: tavolo d’angolo, in un punto non troppo rumoroso così da poter chiacchierare indisturbati e vino rosé ghiacciato. 

“Il crudo prima del cotto, se a pranzo hai mangiato la pasta a cena devi mangiare un secondo, la carne rossa un paio di volte la settimana e soprattutto mangia il pesce, meglio se azzurro”: Giorgio mi ha anche insegnato come mangiare secondo le “regole” di Messegué.. quella sera ordinò prima delle verdure a pinzimonio, poi una minestrina con la pasta spezzata – cosa di cui era ghiottissimo – e poi una spigola al sale: “La spigola sarda è meravigliosa: non è mai stopposa, è leggera, sembra che voli! Sai perché mi piace la vostra cucina? Perché è semplice: chiedi gamberi e arrivano gamberi, senza intingoli, senza salsine.. è così che si riconosce il cibo vero, quello buono: perché è semplice.. è come dovrebbero essere gli attori” 

Io ordinai a Francesco “il mio solito”, l’astice alla catalana che mi ricorda tanto casa: “Eh, non sai le aragoste che ho mangiato in Sardegna.. che meraviglia! Ma la cosa più buona in assoluto che avete voi è il maialino! Una volta me lo prepararono in una specie di tumulo di terra, sembrava un rito sciamanico.. quel maialino era una cosa indimenticabile: croccante fuori e tenerissimo dentro. Solo in quella terra con i nomi dei paesi più belli del mondo (pensa ad Arzachena: sembra il nome di un eroe greco!) si può trovare qualcosa del genere. Se la prossima estate vengo in Sardegna dai tuoi, devi dire a Stefano (mio padre) che mi deve preparare il maialino!”

È venuta l’estate ma in Sardegna con me G non è più venuto: è stato meno allegro stare a tavola senza di lui, lo è ogni giorno da sei mesi a questa parte.. eppure, ogni volta che mi siedo a tavola e mi ricordo il giochino con le dita che facevamo tutte le sere prima di mangiare, e mi ricordo della fregola che gli portavo da casa, della marmellata di mele cotogne che mia mamma preparava solo per lui, dei papassini di cui era ghiottissimo, del miele di Sardegna che mangiava a cucchiaioni, anche se spesso ho voglia di piangere, un sorriso nostalgico mi spunta sul viso e qualche volta trasgredisco alla dieta che mi ha insegnato lui: mi verso un dito di filu ‘e ferru e brindo: “A chent’annos”, ovunque tu sia.

©Sardegnatavola

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