La cucina Sassarese_di Alberto Cocco

La cucina sassarese è come un arredamento di arte povera.

Eredi di una stirpe di ortolani e contadini, i fieri ed i frugali eredi di una stirpe di ortolani e contadini del Medioevo hanno privilegiato le ricette e i prodotti della generosa terra appena esterna alle antiche mura di cinta, ricca di oliveti e vigneti.

La proposta non è di straordinaria varietà, ma è di semplice efficacia, è saporita come poche e di mediterranea salute.

Nella tradizione secolare, i piatti principali privilegiano la cottura delle parti meno pregiate degli animali da macello, come il maiale ed il vitello, l’agnello e l’asinello.

Tra queste, una tipica ricetta sassarese è lu ziminu.

Le interiora del vitello sono cotte sulla graticola, dopo una marinatura di qualche ora.

Nelle migliori trattorie della città storica imperano i pedi d’agnoni, i piedini dell’agnello cotti con aglio, prezzemolo e tanto aceto, anche se esiste la variante meno apprezzata con il sugo del pomodoro.

Un’altra specialità del capoluogo del Capo di Sopra è la cordula.

Le interiora dell’agnello raccolte e avvolte nell’intestino sono affidate ad una lenta cottura con molti piccoli segreti, che i veri specialisti della tradizione locale custodiscono gelosamente.

La preparazione di questo ghiotto piatto di carne presenta differenti variazioni, che variano di quartiere in quartiere, dalla città alle frazioni vicine.

La ricetta più conosciuta contempla l’adozione della salsa di pomodoro, i piselli e le cipolle giovani.

Nelle migliori trattorie della città storica imperano i pedi d’agnoni, i piedini dell’agnello cotti con aglio, prezzemolo e tanto aceto, anche se esiste la variante meno apprezzata con il sugo del pomodoro.

Non dimentichiamo i giggioni, che sono degli gnocchi artigianali e conditi con il sugo della salsiccia ed il finocchietto selvatico.

Un’altra pietanza della cucina locale contempla la trippa con il sugo e cosparsa di tanto pecorino stagionato sardo, ma non può dirsi qualcosa di riconducibile alla gastronomia locale.

Un altro immancabile riferimento di ogni ristorante tipico sono le lumache, che i sassaresi distinguono in lumachine (giogga minudda) da cucinare con le patate,  i grassi lumaconi (giogga grossa) e le rare e prelibate monzette.

La ricetta prevede il lavaggio sotto l’acqua a temperatura ambiente, per poi farle riposare in una recipiente colmo di acqua fredda, che le fa spurgare per qualche ora.

Dopo un breve risciacquo e l’accensione del fuoco in acqua fredda fino all’ebollizione, si aggiunge del sale e si lascia cuocere per una decina di minuti abbondanti.

Scolate e saltate in padella, aggiungete olio ed aglio tritato con cura, prima di aggiungere un cucchiaio di pane grattato ed il prezzemolo, per completare una leccornia sassarese.

Le verdure dell’orto sono ingredienti immancabili della tavola.

Nella tradizione della cucina sassarese, la melanzana riveste un ruolo di regina, celebrato anche in una canzone folkloristica del maestro Tony Del Dro’.

Si può imbandire sulla tavola in differenti fogge del gusto sassarese, ma la mirinzana in forru è regina.

Dopo averle lavate ed asciugate, le nostre melanzane sono disposte in una teglia e messe al forno, ad una temperatura di circa 200 °.

Non devono mancare l’olio di podere e molto prezzemolo ben tritato, il peperoncino piccante e un paio di spicchi d’aglio con l’immancabile spizzicata di sale fino.

Con questa formula, è “bona e assai licchitta”, cioè buona e particolarmente gustosa.

Un altro ortaggio che rappresenta degnamente la città di Francesco Cossiga ed Enrico Berlinguer sono le fave, che i cuochi del Capo di Sopra cucinano a ribisari.

Di che cosa si tratta?

Sono le fave secche di ideale antipasto o di prelibato contorno ad una pietanza di carne o un tocco di formaggio stagionato.

Il segreto delle fave a ribisari è nel farle riposare per tutta la notte antecedente e guarnirle con prezzemolo ed aglio, olio e peperoncino, per un piatto che fa impazzire i turisti.

Le minestre sono poche e semplici, ma davvero buone.

La principale è la mineshtra ‘e fasgioru, che è una zuppa prevalentemente presentata nella stagione invernale, composta da patate e fagioli, l’aromatizzazione profumata ed intensa dei pomodori secchi, i pezzetti di lardo e il finocchio selvatico.

Ed i pesci e la cucina di mare?

Il pesce si cuoce alla brace, senza fantasia e proposte locali.

Le sardine alla brace sono frequentemente presenti nel pranzo.

Piace anche l’anguilla di acqua dolce, marinata in semplicità e completata da un filo di olio di buona qualità.

Ma la gastronomia sarda è quasi essente, nella cucina marinara.

A quaranta chilometri di distanza, il polpo in agliata, il gattuccio e la famosa aragosta alla catalana rendono inattaccabile il primato culinario di Alghero e della Riviera del Corallo, senza dimenticare le proposte della cucina castellanese di Castelsardo, che meritano un altro prossimo articolo dedicato.

Prima di andare via dalla Città dei Candelieri, è bene consumare un rito immancabile.

Si tratta di un altro simbolo: la fainé.

Prodotto di importazione genovese, rielaborato dalla farinata con risultati più lusinghieri, chiede due etti di farina di ceci, cinque o sei cucchiai di olio di oliva, possibilmente extravergine e pregiato, poco olio per ungere la teglia, pepe nero quanto basta ed una quantità di sale affidata all’estro ed all’esperienza del maestro.

In una ciotola di bordi alti il sale si mescola con la farina di ceci e si aggiungono acqua e fredda e l’olio, sempre miscelando con la frusta e adeguata maestria, per cancellare i grumi iniziali.

Si copre la ciotola con un panno e si lascia riposare per circa quattro ore.

Terminato il tempo di attesa, si amalgama con la frusta ed il risultato deve essere vicino allo stato liquido.

Dopo avere unto per bene la teglia ed avere versato nel suo interno tutto il contenuto, si mette al forno per oltre mezz’ora ad una temperatura di 250°.

Quando si forma una crosta scura e bene croccante, siamo vicini al risultato finale.

Levata dal forno, la fainè sassarese si taglia e si aggiunge il pepe.

Se non hai mangiato la fainè, non sei mai stato a Sassari.

                                       

Trattorie caratteristiche sassaresi:

L’Assassino, via Pettenadu 19

Zia Forica, Corso Margherita di Savoia 39

Gian Luca, Via Marghinotti 32

Le Due Lanterne, Via Mercato 28

Taberna Santona, Piazza Tola 21

La Fainè:

Sassu, Via Usai 21

Dal Sardo, Viale Umberto I 117/b

Da Carlo, Via Nurra 24

Oggiano, Via Catalocchino 4

Cocco, Via Rosello 25

La Spiga, Via Montegrappa 44

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