La cucina familiare nei ricordi di un cagliaritano_di Ermenegildo Lallai

Cagliari pur essendo una città moderna protesa verso il futuro mantiene, , grazie alla memoria dei suoi abitanti e in particolare di quelli di una certa età, uno stretto e magnifico legame con il passato.

Le memoria tramandata riguarda in particolare aspetti importanti del vivere di una comunità come le tradizioni religiose, popolari, comportamentali, culinarie e del linguaggio che contraddistinguono la vita stessa della città.

Si tratta di un importante patrimonio culturale che subisce, purtroppo, giornalmente un attacco decisivo e negativo dal principio dominante della cosi detta globalità che colpisce e purtroppo affascina sopratutto i giovani, non solo sardi , che, grazie alle televisioni, ai giornali, ai PC e ai telefonini, sono incitati a seguire modelli di vita anonimi che vanno sempre più diffondendosi in buona parte del mondo. Si tratta nella sostanza di un programmato e deleterio livellamento dei comportamenti e dello stesso modo di vivere che di fatto tendono a cancellare storia, tradizioni e gli stessi caratteri dei popoli.

Significativo al riguardo è la molto diffusa ignoranza della storia, il calo incredibile della vendita dei libri e dei giornali e l’affidare tutte le fonti di conoscenza ai PC e alle chat, diventati il più diffuso metodo di informazione, che danno la deleteria illusione di poter conoscere e aggiornarsi sui problemi del mondo.

Spesso i dati ricevuti, pesantemente manipolati, sono frutto di interessi abbastanza evidenti che utilizzano magari una base di notizia per mettere in circolazione teorie interessate.

E’ triste ricordare che anche nei concorsi pubblici per importanti incarichi emerge una spaventosa ignoranza non solo sul merito dei temi da svolgere ma addirittura sulle regole fondamentali dello scrivere.

La storia si presta a svarioni tremendi con terribili confusioni di secoli: personaggi del Rinascimento italiano sono addirittura datati negli anni dell’ultima parte del secolo passato.

Quanto detto risulta particolarmente devastante anche nel settore delle tradizioni popolari che proprio per quanto detto rischiano di essere dimenticate e di sparire: il carattere stesso dei popoli tende perciò progressivamente a essere cancellato.

Nel discorso della crisi delle tradizioni rientra benissimo anche l’arte della cucina cagliaritana che però, nonostante la globalizzazione imperante, riesce ancora a resistere grazie al ricordo degli anziani e di gruppi non molto numerosi, per la verità, di giovani appassionati e studiosi della materia che si dedicano a mantenere il ricordo delle ricette tradizionali cercando di riproporre nelle loro famiglie e magari aprendo trattorie e ristoranti i piatti e gli aromi che per secoli hanno accompagnato la vita dei cagliaritani.

Parlare di cucina cagliaritana è comunque tema abbastanza complesso in quanto la materia deve essere vista tenendo conto oltre che delle peculiarità delle varie zone della città anche delle tradizioni delle famiglie e naturalmente del livello sociale delle stesse.

Va tenuto anche presente che molti “casteddaius” discendenti da antenati arrivati anche nei secoli passati in città continuano molto spesso a mantenere tradizioni culinarie di altre zone della Sardegna e di altre Regioni.

Capita infatti che i pranzi prevedano piatti tipici non solo tipicamente locali e delle varie zone dell’Isola ma anche della Liguria, del Piemonte , della Toscana e della Campania.

Un’altra considerazione importante per capire la genuinità delle ricette considerabili tipicamente cittadine è che i piatti tradizionali ereditati dal passato erano legati strettamente ai periodi di produzione degli alimenti che li componevano. La stagionalità delle materie prime era infatti una delle regole obbligatorie nella preparazione dei vari piatti.

I piselli, i carciofi, le verdure, la frutta in generale, il pesce (il tonno in particolare), la carne di agnello o di porchetto potevano essere gustati solo in determinati periodi dell’anno ; mancavano infatti gli oggi tanto diffusi surgelati che consentono di disporre di qualsiasi prodotto in tutti i dodici mesi dell’anno e d’altra parte non esistevano neppure le serre, almeno nella dimensione attuale, che anticipano o posticipano il maturare dei frutti delle campagne.

I prodotti alimentari del passato erano comunque più genuini e più gustosi rispetto agli attuali , sicuramente perché molto diversi nella loro composizione da quelli oggi disponibili.

E’ infatti impossibile ai nostri giorni fare paragoni con i sofisticati gusti dei nostri antenati anche perché gli agricoltori del passato, produttori di verdure e di frutta in particolare , non usavano i preparati chimici nella misura attuale, oggi molto diffusi nelle colture, che consentono non solo di accelerare i tempi di maturazione e di allungare la loro conservazione ma anche di renderli più appetibili esteticamente a scapito però, molto spesso, della loro genuinità e dello stesso gusto.

Al riguardo significativo è il caso del latte che nei tempi andati dopo la necessaria bollitura regalava una panna straordinaria che deliziava i palati. Oggi neanche il poco diffuso latte intero da la stessa panna , sono infatti molto diffusi i prodotti scremati e semi scremati, si dice a tutela della salute dei cittadini che sconsiglia i grassi.

Da tale considerazione emerge la notevole differenza dei sapori degli alimenti basati sul latte. La pastorizzazione ha infatti trasformato completamente i sapori. A Cagliari esistevano gelaterie molto importanti ognuna delle quali proponeva specifiche specialità: Marcello in Piazza Yenne (Cassate, semi freddi), Caffè Torino in Via Roma (gelati di Pannera a base di caffè ), Meloni e Ramondetti in Via Bajlle (gelati di crema, cioccolato e limone), Gessa in Via Sardegna ( gelati di crema, cioccolato e gusti vari nonchè i primi cremini confezionati a Cagliari), Tramer in Piazza Martiri ( meringhe con la panna) e ancora il caffè Genovese in Piazza Costituzione ( semi freddi, gelati vari tra cui il torroncino).

Alcuni di questi bar sono ancora presenti e continuano a preparare gelati sicuramente ottimi da gustare ma con un sapore diverso da quello degli anni andati.

Stesso discorso si può fare per i dolci in generale; la crema, le bombe, i cannoncini, le americane e i bignè pur essendo sempre molto gradevoli e gustosi non sono però quelli di una volta.

Ricorderò in questo articolo, che non intende essere assolutamente un manuale di culinaria che resta di esclusiva competenza degli specifici cultori, i piatti tradizionali semplici o complessi e gli alimenti basati sul latte e sui suoi derivati che ho avuto modo di conoscere direttamente nella mia famiglia.

Inizierò con una delle minestre popolari più diffuse quella cosi detta de “casu friscu”. La procedura per ottenerla è abbastanza semplice; nell’ultima fase della cottura di un semplice brodo di carne o vegetale si aggiunge il formaggio fresco, che deve essere però abbastanza acido per potersi sciogliere, un pizzico di zafferano, sugo di pomodoro e pastina di piccole dimensioni.

Il risultato è talmente gustoso che sopratutto nel secolo passato la minestra in questione non poteva quasi mai mancare nelle tavole nei giorni di festa.

Altro primo abbastanza apprezzato è la minestra di ricotta (arrescottu), confezionata con le procedure identiche a quelle seguite per quella di caccio fresco ma con la variante che non si usa la salsa di pomodoro ma da molti, nel piatto caldo , viene aggiunto un pizzico di pepe.

Nella stessa categoria dei derivati del latte vanno ricordati i tanti tipi di ravioli (culingionis), con comune involucro di pasta, che si differenziano tra di loro per i diversi tipi di ripieno usato.

I più graditi e diffusi sono i ravioli con ricotta e bietole o spinaci con aggiunta in molte casi di succo d’arancia o buccia di limone o zafferano.

Nella stessa famiglia vanno ricordati i “culingionis” ripieni di formaggio fresco e un pizzico di prezzemolo o basilico o menta.

Meritano un ricordo gli ottimi ravioli in dolce ripieni di ricotta o di crema, zucchero e aromi vari che vanno fritti e spolverati di zucchero a velo.

Ma nella stessa categoria di derivati vanno inserite “is pardulas” composte da un ripieno di ricotta o formaggio fresco, succo d’arancia e zucchero che va inserito in una base di pasta, di forma quasi simile a piccoli secchielli, che vengono cotte al forno e che non possono mancare nelle tavole dei cagliaritani per Natale.

Esistono anche le cosi dette “pardulas casteddaias” composte da formaggio fresco che va inserito in una base di pasta più ampia rispetto a quella de”is pardulas”, che vanno cotte anche queste nel forno e mangiate però senza aggiunta di zucchero.

Ma i dolci per eccellenza cagliaritani più famosi sono sicuramente “is zippulas”, dalla caratteristica forma di piccolo o grande cerchio, che deliziano i palati nel periodo di carnevale ma che, ormai da anni, si possono trovare nelle pasticcerie anche in altri periodi dell’anno.

Sono preparate con pasta lievitata impastata di latte, aromatizzata con succo d’arancia e file e ferru che dopo la frittura vengono cosparse di zucchero.

Merita un breve cenno la tendenza dei cagliaritani e dei sardi in generale a italianizzare i nomi degli alimenti tipici isolani. Is pardulas vengono chiamate formaggelle e is zippulas zeppole.

A parte il fatto che in altre parti d’Italia esistono dolci denominati zippole, diversi nella preparazione e nella composizione , sarebbe interessante sapere per quale motivo le pasticcerie non usano nella presentazione dei loro prodotti le denominazioni tradizionali in lingua sarda di Zippulas e pardulas ma le anonime “zeppole e formaggelle”. Che sia anche questa una forma di provincialismo?

Meritano ancora un particolare ricordo le zuppe dorate, piatto economico e povero, che viene preparato con fette di pane raffermo tagliato a fette che dopo essere state imbevute in una miscela di latte e uova sbattute vanno fritte in olio di oliva e cosparse di zucchero e cannella.

Il latte è solo uno dei tanti ingredienti della tradizionale cucina cagliaritana che nel suo complesso è estremamente complessa, comprende importanti piatti di pasta, di carne , pesce e verdura che vengono ancora preparati, sopratutto dagli anziani, rispettando procedure e antichi rituali che si riallacciano a quanto ognuno ha conosciuto nella propria famiglia.

Ovviamente ciascun “cuoco” è fermamente convinto che la propria ricetta sia la migliore, la più aderente alla tradizione e naturalmente la più gustosa.

Vedi anche

Le ciliegie di Burcei sono glamour e le pesche di San Sperate…La frutta ti fa bella

La frutta ti fa bella, ormai lo sanno tutti. La ciliegia, per esempio, è un …