Visita ai gioielli di Sardegna: tour sul Neolitico_di Tarcisio Agus

Continuando nella nostra scoperta dell’uomo in Sardegna, facciamo un’alto balzo in avanti e ci soffermiamo sul secondo periodo del Neolitico, quello medio, compreso tra i 4000 e 3400 anni avanti Cristo. L’uomo sardo ormai ha cominciato ad abbandonare il suo peregrinare sull’isola e come abbiamo visto comincia a stabilizzarsi occupando il suo tempo non solo nella caccia, ma strutturando la sua vita intorno al focolare domestico. In questa seconda fase ci svela ulteriori particolari legati ad una vita sedentaria, scandita da ritmi giornalieri che le permetteranno di ampliare capacità tecniche ed artistiche, tramandataci con i propri manufatti. Infatti il Neolitico Medio certifica un importante progresso che ci viene rappresentato come il periodo della cultura di Bonu Ighinu. Questo è il nome della grotta che ha reso importanti testimonianze archeologiche diffusasi poi per tutta l’isola. La grotta Bonu Ighinu, sembrerebbe significare, la grotta del buon vicino. Conosciuta anche col nome di Sa Ucca ‘e su Tintirriolu, la bocca del pipistrello, si colloca nel territorio del comune di Mara, nel sassarese.

Grotta di “Sa Ucca ‘e su Tintiriollu”, Mara (SS).

Questo momento è anche rappresentativo perché l’uomo del neolitico medio, oltre che abbandonare gradualmente le grotte naturali, frequenta spazi più ampi e nuove aree di caccia, in particolare comincia l’esplorazione delle aree pianeggianti dell’isola e pare interessarsi alla vita delle lagune o stagni, attratto certamente anche dalle risorse di cibo, alternative alla carne. In queste aree gli anfratti naturali scarseggiano o sono del tutto assenti per cui comincia ad assaporare la vita all’area aperta e le grotte o grotticelle, gradualmente, assumono nuova funzione, non più luoghi per la vita, ma sede di riposo per i propri cari defunti. Le prime abitazioni che nascono lontane dagli anfratti naturali, erano prevalentemente costituite da capanne circolari, in parte interrate, sormontate da una intelaiatura di pali e ricoperte da essenze vegetali.

In questa nuova stagione di vita, come detto, a svelarci l’evoluzione umana del tempo è senza dubbio l’importante produzione fittile, sia per le sue caratteristiche artistiche, ma anche per le tecniche produttive adottate e per i differenti usi, a rappresentare le nuove attività non in solitudine ma probabilmente comunitarie. Il toponimo Bonu Ighinu, la grotta del buon vicino, la dice lunga sulla nascita delle prime comunità di uomini, non più nuclei isolati e distanti tra loro, ma nuclei famigliari che vivono ed operano in vicinanza e mutuo soccorso. Significativo a tal proposito è la rappresentazione di figure umane danzanti, in un importante frammento ceramico.

Grotta di Bonu Ighinu, frammento di ceramica con figure danzanti.

Le ceramiche ci mostrano importanti progressi nella tecnica della raffinazione delle argille e nella cottura delle stesse. In particolare si distinguono le produzioni fittili in argilla scura quasi nera, compatta e brillante. Buona parte della ceramica, così detta fina, è decorata con il bulino. Le forme sono varie, si va dalle ciotole carenate di diverse dimensioni ed altezze, alle olle, vasi panciuti che vanno restringendosi sull’imboccatura, spesso dotate di piccole anse sormontate da protomi di animali e forate ad anello.

Non mancano nella produzione le ceramiche grossolane di color rosso vivo, non lisciate e senza decorazione che fanno pensare ad usi diversi, queste ultime di uso comune al servizio delle nuove attività produttive, come l’agricoltura e la conservazione dei diversi prodotti cerealicoli. Mentre quelle raffinate e decorate sono anche oggetto di corredo funebre nelle nascenti necropoli del tempo. Sicuramente diversi prodotti dell’agricoltura venivano trasformati in farine, ne sono testimoni le numerose macine, pestelli in pietra e contenitori ceramici di varia forma e dimensione.

Fra gli elementi litici levigati oltre alle accette, fanno capolino gli anelli in pietra levigati, a noi note Teste di mazza. Trattasi di manufatti litici, provenienti dagli stessi territori di frequentazione, sbeccati, prevalentemente in forma circolare con al centro un foro che ne ospitava il manico. Utilizzati quali strumento di lancio, in particolare per la caccia, ma anche come mazzuolo nelle lavorazioni della terra, delle argille o delle pietre. Grazie a questi nuovi strumenti, l’uomo del neolitico medio ha pensato non solo a realizzarsi i nuovi luoghi di vita, con l’insediamento capannicolo, ma in questo periodo fanno capolino anche le prime necropoli, scavate nella roccia o in groticelle, le Domus de jana, la casa delle fate.

I ritrovamenti ossei come strumenti decorativi delle ceramiche, fanno pensare alle mutate abitudini con una forte riduzione della caccia, in favore dell’accresciuta attività di allevamento. Questa nuova funzione consentiva alle comunità neolitiche di disporre di maggiori risorse alimentari, ma anche di produzioni derivate, come le pelli, per la protezione del copro dalla intemperie o le ossa lunghe che trasformavano in utensili quali strumenti decorativi ma anche ornamentali, come vaghi di collane. Interessante è il ritrovamento, proprio nella grotta di Mara, di una spatolina con lungo manico e decorazione sulla testata a dischetto, con tre fori a rappresentare il probabile volto umano.

Questo nuova necessità di rappresentazione umana, in alcune delle produzioni della cultura di Bonu Ighinu, le ritroviamo in particolare nelle forme volumetriche degli idoletti in pietra tufacea, provenienti da Olbia, Santa Marietta e da Muros, Su Monte, chiamate comunemente raffigurazioni della Dea Madre. Si delinea in questa fase un mondo spirituale e religioso che accompagna le comunità con la nascita delle necropoli, come quella più rappresentativa, lontano dagli anfratti storici, presso gli stagni dell’oristanese nella località di Cuccuru is arrius, presso lo stagno di Cabras. Scoperta a seguito dei lavori per la realizzazione di un canale scolmatore, non rimane più traccia ma gli importanti reperti sono visibili presso il museo archeologico di Cabras. Sito prescelto da quella parte dell’uomo neolitico che abbandona le grotte naturali per vivere all’area aperta, dove come accennato, l’uomo e le comunità oltre agli insediamenti di vita creano i luoghi del riposo perpetuo dei loro cari, così come la necropoli ipogeica di Cuccuru is arrius, databile proprio al Neolitico Medio, cultura Bonu Ighinu, è una delle più significative per i suoi corredi funerari. La necropoli costituita da tombe a groticella artificiale, accoglieva i defunti in posizione contratta e deposti sul fianco sinistro. I corredi erano costituiti da vasi in ceramica, ed utensili in pietra levigata e scheggiata come i microliti geometrici in ossidiana. Non mancavano gli strumenti in osso, ma in particolare erano presenti delle statuine femminili di tipo volumetrico.

Dea madre di Cuccuru is Arrius, Cabras (Or)

In questo periodo assistiamo anche ad uno sviluppo dell’uso dell’ossidiana, sicuramente dovuto agli insediamenti nella piana dell’oristanese e presso il Monte Arci, sede rinomata di diversi centri e cave dell‘oro nero, tra i più importanti sono il villaggio di Puistèris, nel territorio di Mogoro e la cava dell’ossidiana di Conca ‘e Cannas a Masullas, non molto distante.

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