Storia di uno scavo archeologico: Grecia 1999-2002_di Gaetano Ranieri

Mi apparve subito una persona singolare quando facemmo la prima riunione del progetto europeo PROGRESS (Prospezione Geofisica, Ricerca e Scavi Selettivi). Il progetto aveva preso le mosse già dal 1994 e, forse, anche prima per alcuni di noi che avevano partecipato alla stesura della risoluzione del Consiglio d’Europa del 1992 di La Valletta. L’Hotel Britannia ad Atene era sontuoso e il clima che si stabilì tra Francesi (Michel e Pierre), Italiani (Silvia e Gaetano), Greci (Dimitri e George ) e Spagnoli (Pere e Albert) fu subito amichevole. C’era innanzitutto da stabilire la lingua in cui parlare e preparare i rapporti intermedi e finali alla Comunità Europea. Tutti fummo d’accordo per il Francese, comune a tutti, anche se poi finimmo per parlare sempre e solo in Italiano. Furono stabiliti i ruoli e furono scelte le località dove operare. Decidemmo di scegliere due siti per sede, almeno un sito monumentale e un sito archeologico. Quantificammo e stabilimmo gli stakeholders e i mezzi di comunicazione con l’esterno e con la stampa, come ben si conviene ad un progetto Europeo. George era silenzioso.

Pensai: lo è di natura, diffidente. Non contraddisse nulla e non storse il muso per nulla. Seppi poi che era uno dei personaggi più importanti della Grecia. Era l’Ordinario di Archeologia Classica presso l’Università di Atene, erede di Marinatos a sua volta erede di Schliemann nello scavare Troia. Era stato il Responsabile dello scavo a Tirinto e lo era ora a Pylos dove aveva a suo tempo collaborato con l’Università di Cincinnati per lo scavo del palazzo di Nestore , eroe della guerra di Troia. Ci salutò molto discretamente e semplicemente, girò i tacchi e se ne andò.

            Al terzo semestre, quando facemmo gli interventi nei siti della Sardegna, lo portai in giro a vedere la città assieme a Dimitri, direttore del museo della città di Atene. Volle andare in una libreria nel Largo e chiese un libro sui nuraghi. Chiese se poteva consultare il grande volume di Lilliu e si stese per terra per sfogliarlo (in effetti nelle librerie non ci sono spazi per la consultazione). Alla fine del periodo di ricerca a Settimo San Pietro e a Sant’Antioco, lo invitai a casa mia per una cena. Mia moglie aveva preparato una cena tipica sarda. Fregula incasada e Agnello con l’uovo. Infine la sebada e un cesto di frutta fresca sontuoso. Vino rosso Cannonau, e passito finale. Dopo l’aperitivo assistemmo ad una scena sconvolgente. George era steso per terra, un’altra volta , ma sul tappeto, e sfogliava una rivista supplemento di un quotidiano locale. Aveva trovato qualcosa di interessante e lo stava disegnando su un foglietto che aveva in tasca. Io Parlavo con Dimitri e con sua moglie, presidente dell’ordine dei farmacisti della Grecia. Arriva mia moglie con la zuppiera fumante. E’ pronto !!!! Ci accomodiamo ? Tutti fermi !!! Dico a Dmitri di chiamare George. No, no non chiedermi questo, mi fece.

Capii . Il direttore del Museo di Atene non poteva disturbare il grande professore! Ci andai io: George che fai ? Siamo pronti per la cena . Si, ma io ho da finire di copiare l’immagine di questo monumento (la statua di Eleonora d’Arborea ad Oristano gli ricordava qualcosa della Grecia).

Ma puoi prendere il giornale!. No, no. è tuo! Si, ma te lo regalo! No, non posso accettare! Ascolta George, la cena si fredda , se vuoi te lo vendo. Va bene ! Mi diede 1 euro e si rialzò. Avevamo rischiato di non mangiare Venne a tavola e fu veramente una buona forchetta. Scarpetta e bis e…. riscarpetta. Mangiò tutto e di più , senza dire una parola. Neppure un complimento, magari falso. Che maleducato, pensai! Lo riaccompagnai in hotel e l’indomani mattina in aeroporto. Passò qualche giorno. A casa squillò il telefono. Rispose mia moglie: era George dalla Grecia: Lucianà, disse in francese, perché pur conoscendo l’italiano (sa 7 lingue) non osava esprimersi non essendo perfetto in italiano;

Lucianà , proprio con te volevo parlare, ho pensato che fra due anni ci sono le Olimpiadi ad Atene, e faresti bene a trasferirti da noi per aprire un ristorante proprio ad Atene. Io ti aiuterei! Lucianà lo ricorda come il più bel complimento che abbia ricevuto per la sua cucina (splendida). Ma un modo quantomeno originale per dire che aveva gradito la nostra ospitalità. Dopo telefonò anche Dimitri per ringraziarla (in Italiano). Ora poteva parlare…. dopo il professore! Nell’ambito di questo progetto, George ci propose di studiare due siti: Midhen dove si intendeva trovare una tomba a tumulo, descritta, molti anni prima, da Blegen, famoso archeologo, e Chora dove poteva esserci una concentrazione di tombe con dromos della famiglia di Trasimede, figlio di Nestore.

I due posti stavano per essere presi d’assalto dal “fascino” del cemento: nel primo sito un albergo, nel secondo un grande capannone industriale. Terribile al solo pensiero. Aveva bisogno del nostro aiuto. Ognuno di noi portò in dote uno o due metodi. Noi portammo l’elettrica, con l’intento di fare delle tomografie 2D con un’inversione pseudo3D. Fu un’esperienza molto gratificante lavorare in equipe, ma i sistemi dei francesi la fecero da padrona, mi affascinarono ma mi lasciarono un po’ l’amaro in bocca. George se ne accorse e presomi da parte mi disse: se ti trasferisci qui c’è da cercare da qui a Olimpia (a 40 km di distanza ) ogni metro. Tornato a casa feci domanda al Ministero degli Esteri che mi diede un finanziamento non grandissimo , ma dignitoso. Bisognava arrangiarsi però: alberghi poco dispendiosi, poca spesa per i bagagli, sfruttare anche altre risorse. Decisi, d’accordo con gli amici Greci, che saremmo andati subito dopo Pasqua, con le nostre famiglie comprese le figlie di 7 e 3 anni, mettendo i cavi nella valigie e la nostra biancheria in un’unica valigia. Assegnai la tesi a due studentesse, che ottennero una borsa per il loro viaggio e soggiorno. Ovviamente i viaggi dei nostri familiari erano a carico nostro (Alitalia però ci venne incontro) e il loro soggiorno dai Greci. L’importante è che avessimo persone a cui intestare i bagagli. Fu così che Silvia, 7 anni, portò 30 elettrodi d’acciaio (peso 25 kg) e altrettanto fece Marta, figlia di Luigi, 3 anni.             Ovviamente Io portavo come bagaglio a mano il georesistivimetro e gli elettrodi (teoricamente portati da mia figlia) , Mario l’antenna Radar e i cavi di raccordo, Luigi attrezzi vari e gli elettrodi di sua figlia, le studentesse attrezzature topografiche e il TDEM.

Noleggiammo una macchina a nove posti. Andammo subito a visitare il museo archeologico con la nobile guida di George, che anche in quell’occasione si sdraiò per terra per disegnare un pezzo nuovo, che non si ricordava fosse stato già pubblicato. Godemmo nel vedere la maschera di Agamennone e i tanti tesori di quel museo. Visitammo l’Acropoli e rimanemmo estasiati dall’Eretteo, dal teatro…. e dai Ghiros che mangiammo all’uscita, nella Plaka. Alloggiammo in un albergo favoloso, il Marriott, preso last minute per 35 Euro a stanza compresa una colazione sontuosa. L’offrii io e guadagnai subito altri punti nell’affetto di tecnici, famiglie e studentesse (ma non lo feci apposta).

L’indomani attraversammo tutto il Peloponneso. Ci fermammo a Corinto , sfiorammo Micene, Epidauro, Sparta, che avremmo visitato al ritorno, per arrivare in serata a Pylos la patria di Nestore il re saggio della guerra di Troia, e prendere alloggio in un hotel sul mare. Guidati da George ci dirigemmo verso la Baia di Voidoikilia dove avremmo dovuto cercare, sulla sommità del braccio che cinge la baia, opposto a quello dove è situata la grotta che ha visto gli ultimi giorni di Nestore, la città antica posta nei pressi della presunta tomba di Trasimede, figlio di Nestore. All’arrivo, una sorpresa: sulla spiaggia, all’inizio dell’erta si era formato un fiumicello che ci tagliava la strada. Solo Luigi e Mario avevano gli stivali e provarono la profondità del rivo. Niente da fare si passava con difficoltà e Luigi e Mario si sobbarcarono il traghettamento di persone e strumenti.

Riusciamo a fare un bel lavoro: rileviamo un’area di 50 x 50 m con ben 50 linee georadar e altrettante tomografie elettriche . Appena cominciamo a mangiare con la tovaglia stesa sull’erba per il picnic, arriva un temporale pazzesco, improvviso. Ritiriamo e proteggiamo gli strumenti e ci rifugiamo, imprudentemente, sotto alcuni alberi: non ci bagniamo, ma abbiamo molta paura per i fulmini incessanti .

I telefoni non funzionano e il rientro diventa difficile anche perché il rivo nel mentre è diventato un fiume impetuoso. Per fortuna George ha organizzato il nostro soccorso. Manda una ruspa con braccio lungo per aprire la strada che porta alla spiaggia e riusciamo a passare a bordo della benna. Per fortuna siamo salvi e gli strumenti integri.

Ci rendiamo conto che la settimana che stiamo vivendo è la Settimana Santa per gli ortodossi e le sere sono dedicate alle preghiere. Il popolo è fortemente partecipe e troviamo difficoltà ad avere anche informazioni. Riusciamo comunque a visitare la punta del Peloponneso, Metoni la cui specialità tipica sono i polpi secchi. Riusciamo a mangiarli assieme alla Moussaka, alle Dolmadas e all’immancabile Zaziki. Un po’ di delusione per il vino recina che ha un sapore particolare. Chora è una cittadina piccolissima e povera ma ha un patrimonio fantastico: Il palazzo di Nestore, un museo archeologico ricchissimo, una tomba a tholos detta anch’essa di Trasimede, fatta di conci squadrati. George mi mostrò però anche una pianta con almeno 50 tombe a doppia camera con dromos e un luogo privo di tombe, che reputava nascondere le tombe dei figli di Trasimede e dove purtroppo si intendeva costruire uno stabilimento industriale colossale.

Nel museo incontriamo il prof. Gigante dell’Università di Roma la Sapienza. Sta facendo un’operazione incredibile. Ha un diffrattometro portatile e un apparato per raggi X portatile (un prototipo). Ha in mano la corona di Nestore. E’ fatta di due strisce di ferro incrociate e sigillate sulla sommità da un grande quadrifoglio d’oro. Vuole sapere se quell’oro è lo stesso della maschera di Agamennone, su cui, nei giorni precedenti, aveva già fatto le analisi. Mi consente di mettere in testa la corona di Nestore. E’ un’emozione incredibile! Pare che la serenità e la saggezza di Nestore si profondano nella mia persona. Ne ho bisogno! Chiudo gli occhi e mi ritrovo tuffato nel passato con gli Achei che cercano di domare la bella città di Troia .

Cerco di domare i furori di Achille, la forza di Agamennone. Mi ritrovo poi al ritorno nella mia terra dove il vivere felice e semplice rende più buoni . Mi sento diverso e lo dico a Gigante. Anche a me è successo lo stesso. Dovremmo fare qualcosa che ci ha indicato Nestore, disse. Mettiamo la corona in un’anonima scatola di cartone per farla vedere agli altri del gruppo. Mia moglie si accorge del mio cambiamento e mi chiede: cosa è successo ?Minimizzo e non ho più avuto il coraggio di dirglielo.

Con il prof. Gigante pensammo di istituire, proprio lì, un corso di Tecnologie per la conservazione, la tutela e il Restauro dei beni culturali, pensato per la facoltà di Fisica (lui) e per quella di Ingegneria e Architettura (io). In realtà pensammo addirittura di coinvolgere gli umanisti che si occupano della parte storica e artistica dei beni culturali, ma arrivati alla conclusione dell’iter ministeriale per un percorso unico, ci fu un dietro front non si sa di chi e non se ne fece più nulla. Furono però istituite le lauree in Ingegneria (triennale) e alla fondazione della facoltà di Architettura, in quella facoltà la laurea Magistrale….

Impostammo la ricerca nel campo, sotto lo sguardo indagatore e diffidente dei curiosi. Provammo, in quell’occasione un metodo e uno strumento testato addirittura su Marte (dai Russi beninteso, non da me! ) che aveva mostrato buoni risultati in campo archeologico a Gonnosnò, piccolo centro della Sardegna. Pensate da Marte a Gonnosnò, dal Futuro, diritti nel passato di 3-4000 anni come nel film Ritorno al futuro. Il TEM Fast 48, unu gioghittu l’avevamo definito, è utilissimo quando c’è da fare prospezioni in zone isolate e lontane. Pesa poco, è maneggevole e dà ottimi risultati. A Gonnosnò verificammo se il pozzo nuragico piccolo e affiorante fosse “visibile” in qualche modo.

            Si immette un’onda quadra con pausa . All’interruzione del passaggio di corrente si crea una corrente (detta di Focault) che produce un’induzione nel terreno, che è funzione della resistività del terreno. Osservando il decadimento del potenziale nel tempo, in 48 finestre, si ha idea dell’andamento della resistività con la profondità. Il metodo è perciò indicato per la ricerca di acqua ( a bassa resistività ) sotto rocce o sedimenti compatti ad alta resistività. Ci accorgemmo che nella prima parte delle misure (il cosiddetto Early Stage) tra un tempo di 4 microsecondi e quello di 34 microsecondi si notavano scostamenti dal normale nel segnale indotto. Quando più ampi essi erano, tanto maggiori erano i volumi dei vuoti sottostanti. A Chora provammo ad applicare anche le tomografie elettriche di resistività 2D con una inversione 3D e una rappresentazione tridimensionale.

Fu un notevole successo. I due metodi applicati fornivano esattamente lo stesso risultato. Erano individuate due tombe con dromos, poste perpendicolarmente una rispetto all’altra. Nella serata successiva fui invitato alla televisione greca per perorare la causa della protezione dei beni culturali. George presentò anche un articolo sulla stampa locale, che provocò una certa discussione. Sta di fatto che le due tombe furono scavate e risultarono ricchissime di arredi funerari, che sono oggi al museo di Chora. Il Capannone industriale fu invece spostato di un centinaio di metri.

Il rientro fu quasi drammatico. La borsa con gli elettrodi (teoricamente portati da Silvia) si aprì come un carciofo all’aeroporto. Ci venne per fortuna incontro Luciana che riserva sempre qualche sorpresa. Tirò fuori da una piccola pochette una borsa di tela arricciata come un k-way , tanto robusta che fu subito utilizzata e sequestrata. Dopo 20 anni è ancora lì come contenitore di elettrodi. George, è stato sempre molto gentile con me , anche quando, al suo pensionamento, nel libro dedicato in suo onore, ha voluto che io scrivessi uno dei venti articoli di ricerche archeologiche scritti dai più importanti archeologi del mondo.

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