I Grandi non muoiono mai. Maria Giacobbe ci ha lasciati._di Simonetta Columbu

Nuoro, agosto 1928, nasce Maria Giacobbe Figlia di Dino Giacobbe e Graziella Secchi. Sorella di Simonetta, Caterina e Giannetto.

I genitori Graziella e Dino non sono persone comuni, ma due anime dotate di immenso coraggio e forza interiore. Antifascisti dichiarati pubblicamente, cosa che costò loro l’essere perseguitati dal regime. Maria studia a Nuoro dove lavora poi come maestra.

Maria Giacobbe

Nel 1957 si trasferisce in Danimarca, a Copenaghen, e sposa lo scrittore Uffe Harder con li quale ha due figli. Thomas e Andreas. Maria Giacobbe pubblicò oltre dieci libri, fra cui romanzi, raccolte di racconti e cinque antologie di poesie. Vinse la Palma D’Oro dell’UDI con il suo libro Diario di una maestrina, opera che fu poi tradotta in 15 lingue.

Tra le sue opere ricordiamo anche Piccole cronache, Il mare, Le radici, Il Maestrale, Maschere, Angeli nudi, Ritratto d’infanzia, Scenari d’esilio, Pòju Luàdu, Chiamalo pure amore, Euridice.

Dal libro Gli Arcipelaghi edito da Il Maestrale, è stato tratto il film Arcipelaghi. Il regista del film è Giovanni Columbu, nipote della scrittrice e figlio della sorella di Maria, Simonetta, anche lei scrittrice.

Giovanni Columbu sul Set di Arcipelaghi

È interessante ricordare con qualche battuta di Giovanni Columbu ciò che mi sento di definire una lezione di cinema e di letteratura. Abbiamo chiesto a Giovanni qualcosa sul suo film Arcipelaghi e il libro di Maria Giacobbe ‘’Gli Arcipelaghi’’ da cui è tratto. Sul rapporto tra lui e la zia, tra il libro e il film.

G: ‘’Anche se è passato un bel po’ di tempo c’è un episodio che mi sembra ancora interessante e che può essere ricordato. Il patto, per così dire, che io e Maria Giacobbe avevamo stabilito quando lei mi concesse di trarre un film dal suo romanzo “Gli Arcipelaghi”.

Un patto? Raccontaci di più.

G ’’Il patto riguardava la libertà se non perfino il dovere di tradire l’opera letteraria da cui un film veniva tratto. In altre parole un patto di libero tradimento che per quanto avesse il tono di un paradosso derivava dal nostro essere entrambi consapevoli che una trasposizione del tutto aderente tra due forme di narrazione così diverse, quella letteraria e quella cinematografica, una affidata alle parole scritte e l’altra a immagini visive, non sarebbe mai stata possibile se non esponendosi a soluzioni banali e didascaliche. Dunque in una certa misura sarebbe stato necessario reinventare il racconto originale riformulandolo sulla scorta di quanto sarebbe accaduto nel corso della realizzazione del film, ovvero del definirsi del racconto sulla scorta di quel rapporto vitale e non del tutto preordinabile con i luoghi e gli interpreti’’. Immagino che questo patto tra voi ti abbia fatto sentire libero di esplorare e trovare la tua chiave con la quale raccontare la storia.

È così?

G: ’’si, fu molto incoraggiante e persino divertente stabilire con Maria questo patto che attestava l’esistenza di un comune sentire su certi fondamentali meccanismi della narrazione. Ma quanto poi accadde sembrò andare decisamente oltre’’.

Cioè?

G: ’’Il finale.‘’

Il finale?

G: ’’Mentre nel romanzo è il bambino che in prima persona compie la vendetta, nel film è la madre’’. ‘’ Il carnevale infuria, immensi fuochi gettano bagliori e scintille mentre le folle mascherate si agitano come impazzite. A questo punto, riprendendo la nota soluzione finale del celebre “L’uomo che uccise Liberty Valance” di John Ford, dall’ombra alle spalle del bambino compare la madre con in pugno una seconda pistola, punta, spara e colpisce in pieno petto il cattivo che stramazza al suolo, Pedru S’Istranzu, così come fu ribattezzato nel film’’.

Come ha reagito Maria a questo cambiamento?

G: ’’Ecco, diciamo che la libertà interpretativa in questo cruciale passaggio aveva preso un po’ la mano. E io avevo avuto paura di dirlo anticipatamente a Maria temendo un suo possibile dissenso. Venne così il giorno della presentazione al pubblico del film a cui era presente anche lei. Chissà come l’avrebbe presa mi chiedevo. E invece andò tutto bene, tutto fu accolto tranquillamente e con soddisfazione anche da Maria la quale, chiamata a dare una propria impressione al termine della proiezione, disse che tutto andava inteso come un sogno o un incerto ricordo, proprio come nel suo romanzo, da cui non si poteva con certezza dedurre chi avesse davvero sparato’’.

Puoi dirmi qualcosa sul tuo rapporto più recente con Maria?

G: ‘’Negli anni recenti ci siamo sentiti con una certa frequenza. Non solo per gli aggiornamenti familiari ma anche per scambiarci riflessioni sull’arte e più volte sull’origine dell’arte moderna. Altre volte per darci notizie sulla bellezza del trascorrere delle stagioni’’.

Chi era Maria?

G: ‘’Certamente una grande scrittrice, io direi l’erede di Grazia Deledda per la sua capacità di fondare i suoi racconti su fattori strutturali che riguardano soprattutto l’azione dei personaggi. Oltre a questo Maria Giacobbe è stata e resterà un’intellettuale estremamente lucida e coraggiosa e infine una grande donna che è entrata nel cuore di molti, non solo in Sardegna né solo in Danimarca’’.

Grazie Giovanni per questa testimonianza su Maria Giacobbe.

E Arrivederci Maria. 

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