Una testimonial d’eccezione per la cucina sassarese: Stefania Masala

Ciogga, giogga minudda, mirinzana, zimino.. La cucina sassarese è quasi un “unicum” della cucina sarda, con piatti legati più alla terra che al mare,  lavorati a partire da una materia prima apparentemente povera, ma che raggiunge vertici altissimi di sapore e  gusto deciso.

Il turista in transito a Sassari, se ha la curiosità di addentrarsi per i vicoli stretti della città, potrà qui incontrare delle piccole trattorie dove gustare le “particolarità” della tradizione: dalle melanzane (“La mirinzana in forru” che meritò addirittura un brano musicale del Trio Folk Sassarese) imperdibili al forno o alla griglia, passando per la “favata”, una sorta di minestra preparata con bietole, cicoria, finocchietto selvatico e le parti più saporite del maiale (testa, piedini, cotenna e salsiccia: si sa, del maiale non si butta via niente!) fino allo “zimino”, ovvero le interiora di vitello cotte alla griglia e componente immancabile di ogni “ziminata”. 

Tra i primi piatti è imperdibile la “mineshtra ‘e fasgioru” o “mineshtra ‘e patatu”, una zuppa preparata con fagioli, patate, lardo, finocchietto selvatico e pomodori secchi, assai corroborante nei mesi invernali.

Vi è poi una pietanza che  si trova solo nel capoluogo gallurese e che è stata “adottata” dalla cucina ligure, ovvero la fainé. In Via Usai, si trova lo storico locale dove fino agli anni ’90 del secolo scorso non era inusuale incontrare il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ghiottissimo della farinata di ceci e delle sue varianti con acciughe, cipolla, funghi o salsiccia. Talmente buona, quella preparata dalla famiglia Sassu, che se ne parla perfino nei carrugi di Genova dove è stata inventata!

Ma la vera specialità sassarese sono le lumache, ovvero “la ciogga” – delle quali i sassaresi vanno matti! – cucinate in varianti che farebbero impallidire qualsiasi chef francese: “in verde”, cioè con aglio e prezzemolo, al sugo piccante, con le patate sia in bianco che al pomodoro, gratinate al forno se si tratta di “coccoi” – lumaconi ripieni con pecorino, uova, prezzemolo, pangrattato, e salsa di pomodoro – o “monzette”, lessate se si tratta di “ciogga minudda”, ossia di lumachine bianche che vanno obbligatoriamente “succiadda”, succhiata dopo aver praticato un piccolo foro sulla cima del guscio per permettere una vigorosa aspirazione! 

Ovviamente, ad accompagnare un tipico pasto sassarese, non può mancare il cannonau o il cagnulari, i tipici vini rossi della zona; attenzione però alle dosi: è un vino corposo, che ubriaca senza che ci si accorga, ma raramente dà alla testa..

E se doveste capitare a Sassari nel periodo di Carnevale, non perdete l’occasione di assaggiare Li frisgiori longhi, delle stupende frittelle fatte di semola, acqua, zucchero, scorza d’arancia grattugiata, e filu ‘e ferru, con il quale si accompagnano “a nozze”, fritte in forma di lunghi cordoni e ripassate nello zucchero.

Quelli “thatharesi” sono tutti piatti poco leggeri, certo, ma la Sardegna non è un luogo dove seguire la dieta, a meno che non si voglia soffrire! Perciò buon appetito e, come si dice sempre al primo brindisi, “A zent’anni!”

©Sardegnatavola

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