Su filindeu, su pane, su carasau, su casu_di PJ Gambioli

SU FILINDEU è un’antica pasta barbaricina, che si realizza esclusivamente a mano. Sono pochissime le artigiane che lo producono. Fra tutte vi è Paola Abraini, nuorese, protagonista del documentario, che ha ereditato l’arte da sua suocera. Da trent’anni Paola prepara questa splendida pasta che può essere degustata due volte l’anno, sotto forma di minestra: “Su filindeu”, appunto, offerta ai pellegrini durante la festa campestre di S. Francesco Lula, come piatto rituale ed augurale.

Proprio per la rarità dell’argomento trattato, questo documentario è quello che fra tutti colpisce di più.

La traduzione del termine Su filindeu, è FILI DI DIO, in quanto il suo originale aspetto, è paragonabile ad una fitta ragnatela di pasta, che viene tesa e tirata più volte fino a farle assumere la forma di un’insieme di sottilissimi fili.

I fili realizzati con pasta di semola di grano duro, vengono deposti su dei pannelli circolari, e al termine del lavoro formano un originale reticolato che dovrà essiccarsi al sole per il raggiungimento di una consistenza adatta alla conservazione. Vengono infine tagliati a tocchetti, e cucinati in brodo di pecora e formaggio fresco. Una minestra dal gusto esaltante!

SU PANE CARASAU è un pane tipico dei paesi dell’entroterra sardo. La sua lavorazione tradizionale ha qualcosa di magico. Le donne benedicono la pasta ed iniziano a lavorarla, trasformandola in palline grandi quanto il palmo delle loro mani. Vengono poi stese con l’ausilio di un mattarello, fino a trasformarle in sfoglie. Nel frattempo il forno a legna ha raggiunto la temperatura ideale. Le sfoglie vengono poste dentro il forno, e con il calore levitano trasformandosi in giganteschi palloni candidi. Questi vengono aperti con delle forbici o dei coltelli. A quel punto si ottengono due sfoglie di “pane lentu”, morbido, fragrante, saporito.

Questo pane, viene infornato una seconda volta per essere tostato, trasformato quindi in Pane Carasau. Può essere degustato per accompagnare altri piatti, oppure condito con dell’olio extravergine d’oliva e un po’ di sale secondo la ricetta de “su pane guttiau”, oppure degustato come piatto unico cucinato con brodo di pecora, sugo, e uova “pane frattau”.

Il pane carasau ha una caratteristica molto importante, mantiene la conservazione e la fragranza per lunghissimi periodi di tempo. Per questa ragione era un pane adatto alla vita dei pastori, che dovevano assentarsi da casa per lunghi periodi di tempo, specie durante la transumanza del bestiame e l’attività impegnativa negli ovili di montagna.

SU CASU, in particolare il pecorino, è uno dei miei piatti preferiti. Il pastore si reca molto presto a mungere le pecore, il latte candido viene trasportato dentro contenitori di latta (sa lamitta) e poi versato nell’apposito recipiente (su lapiolu). A fuoco vivo, il latte raggiungerà la giusta temperatura. Aggiungendo il caglio, il latte inizierà a raddensarsi, fino ad ottenere una certa consistenza. Il pastore lo lavorerà con le mani, dandogli forma. Sarà pressato e sgocciolato, riposto negli appositi recipienti forati, che consentiranno a questa candida pasta fresca, di trasformarsi in cilindri di vario peso e misura. In seguito sarà sottoposta alla fase della salatura e della stagionatura.

Nel documentario, il pastore di Nule ci mostrerà anche come si realizza la ricotta e la panna. Sembra superfluo dirvi come l’esaltazione del gusto nasca proprio attraverso la procedura artigianale di una delle arti più antiche e rappresentative della Sardegna.

©Sardegnatavola

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